L’economia comportamentale riguarda campi di studio strettamente legati, che applicano la ricerca scientifica nell’ambito della psicologia cognitiva alla comprensione delle decisioni economiche e come queste si riflettano nei prezzi di mercato e nell’allocazione delle risorse. Si interessa della razionalità, o meglio della sua mancanza, da parte degli agenti economici.
Secondo le teorie di tale disciplina le persone, per esempio, tendono a semplificare le loro decisioni in ambito finanziario, creando ragionamenti isolati, concentrandosi sull’impatto circoscritto di ogni singola decisione invece di valutare quali potrebbero essere gli effetti complessivi. In modo analogo, la maggior parte di noi è portata ad attribuire un valore diverso a un bene a seconda che sia in nostro possesso oppure no: nel primo caso, per via della nostra “naturale avversione alla perdita”, tendiamo a conferirgli un valore più alto, nel secondo più basso.
Alla base di tutto c’è il fatto che gli esseri umani sbagliano, e sbagliano in continuazione, così di frequente che è possibile prevedere gli errori e costruire dei modelli di comportamento alternativi a quelli derivati dall’economica classica.
Secondo l’economia corpomentale gli esseri umani possono essere divisi in due macro-categorie: gli Econs, completamente razionali e quindi capaci di prendere sempre la decisione corretta, e gli Humans, cioè tutti noi. Noi che in linea puramente teorica sappiamo qual è il prodotto più conveniente da scegliere sullo scaffale del supermercato, l’offerta di lavoro più promettente, la scuola giusta per i nostri figli. Nonostante questo, non sempre facciamo la scelta giusta.
Perché? Il primo motivo è quello della razionalità limitata. Per semplificare le nostre decisioni finanziarie tutti noi elaboriamo una contabilità mentale (mental accounting) strutturata a compartimenti stagni. In linea puramente teorica, 100 euro hanno sempre lo stesso valore, indipendentemente dal fatto che siano un regalo o il nostro stipendio. Nella pratica, però, nella nostra mente abbiamo tanti cassetti separati: quando dobbiamo prendere una decisione, la incaselliamo in un singolo cassetto e ci focalizziamo sul suo impatto individuale, invece di immaginare quello complessivo.
Nella nostra contabilità mentale, per giunta, guadagni e perdite non hanno lo stesso valore. Cerchiamo sempre di evitare le perdite, che ci provocano una sofferenza molto più grande. Ciò significa che quando entriamo in possesso di un prodotto tendiamo a dargli un valore molto più alto (un fenomeno che si chiama effetto dotazione, endowment effect).